Il mondo a rovescio

In un mondo a rovescio le mamme e i papà andrebbero a scuola per imparare mentre i bambini potrebbero anche star fuori a lavorare.

Gli adulti a lezione di com-portamento, di lancio della cartaccia nel cestino, di rispetto delle file e di parcheggio nelle righe.

I piccoli occuperebbero le mattine disegnando a mente libera sui muri scrostati, parlando tra di loro in lingue immaginate di parole travestite. Potrebbero cucinare biscotti glassati per tutti e lanciarsi l’impasto e fare anche i rutti.

Aspetterebbero i genitori all’uscita di scuola, parlando di tutto e di niente e fregandosene di quel che pensa la gente.

Il pomeriggio, ai giardini, i grandi raccoglierebbero foglie secche e semini, giocherebbero a campana e si farebbero il bagno nella fontana.

I compiti a casa sarebbero molto difficili. “Scrivere un temino dove il protagonista sia tuo bambino” ma attenzione, ricorda di coniugare alla terza persona singolare dimenticando la prima persona plurale.

 Questa storia la voglio imparare, e di sera te la voglio raccontare. Perché il mondo a volte puoi anche guardarlo a testa in giù, ma quello che non voglio scordare mai è che io sono io, e tu sei tu.
(Miss Peggy e la lotta alla banale sopravvivenza elementare).

Dell’amore e di altre Memoli

«Posso chiederti una cosa?»
«Certo, dimmi tutto.»
«Ma tu hai paura della morte, mamma?»

Uno di quei momenti in cui vorresti avere un supercomputer al posto del cervello, che sia  in grado di valutare ogni risposta possibile (e tutte le relative conseguenze) in un nanosecondo. Invece ti ritrovi con uno Spectrum 48k che va ancora col mangianastri.

Tre secondi di panico. Rischio. Vada per la sincerità.

«Per adesso no, la morte fa parte della vita. Non mi fa paura. E’ un ciclo, come per gli alberi.»

Attendo. Scambio di sguardi.

«Come in scienze. Nasci, cresci, ti riproduci e muori.»

«Esatto! Proprio così.»

Volutamente non mi soffermo sull’argomento riproduzione. Troppa roba tutta insieme. Rischio di far partire il viaggione su eros e thanatos e non mi sembra il momento giusto per parlare di dissidio cosmico. La mia segreta speranza è di far virare il discorso dal filosofico-metafisico allo scientifico. Almeno ho qualche possibilità di uscirne mantenendo la mia credibilità genitoriale.

«Ma…» c’è sempre un “ma”, e i “ma” ti fregano più dei “se”.

«Ma?» Lo dico con un filo di voce, attendo la mazzata.

«Ma tu muori? Non voglio che tu muori.»

L’occhio si umetta. La boccuccia tremolante si increspa verso il basso. Sta per piangere. Sono finita ma non voglio raccontare balle.

«Tesoro, prima o poi morirò anch’io, spero il più tardi possibile. Però vedi come sono tranquilla?»

«Perché sei giovane? Solo i vecchi muoiono vero?»

Sono all’angolo ma decido di tentare un’azione di recupero.

«Purtroppo muoiono anche i giovani.»

«Di infarto?»

Sudo.

«Difficile che muoiano d’infarto. Ma può capitare. Così come possono capitare gli incidenti.»

Lei pensa.

«Bisogna sempre mettersi le cinture di sicurezza vero mamma? Però, io ho paura che muore qualcuno.»

Idea.

«Sai che in Messico fanno una bellissima festa per i morti? Ci si veste da scheletri tutti colorati, si balla e si canta». (Ho dovuto semplificare un pochino…)

«Sui morti?»

«Ma no!! Si fa una grande festa per ricordarli e salutare le loro anime. Per loro, non su di loro!»

«Ah. E sono tutti contenti e non hanno paura?»

«No, non hanno paura, perché sanno che la paura è pericolosa e se una cosa esiste è inutile far finta che non lo sia.»

«Come Voldemort?»

«Sì!! Come Voldemort.»

«Mamma  adesso ho sonno e dormo. E tanto se muori faccio come Memoli, che piange e le sue lacrime ti guariscono.»

I miei neuroni prima si sciolgono poi si rilassano e infine scappano a fare un ballo di gruppo sulle note di disco samba.
Per stasera me la sono cavata.Anelo al giorno in cui arriverà da me con quesiti del tipo:«Mamma, ma tu lo sai chi era Spargapise?»
Una domanda decisamente più semplice di quella di stasera.